mercoledì 23 aprile 2014

DA DOVE SIAMO PARTITI?



Mi piacerebbe ricordare a tutti da dove siamo partiti, da cos'era e da cos' è il m5s.

Il Movimento 5 stelle è una libera associazione di cittadini.

Non è un partito politico né si intende che lo diventi in futuro.

Non ideologie di sinistra o di destra, ma idee.

Vuole realizzare un efficiente ed efficace scambio di opinioni e confronto democratico al di fuori di legami associativi e partitici e senza la mediazione di organismi direttivi o rappresentativi, riconoscendo alla totalità dei cittadini il ruolo di governo e indirizzo normalmente attribuito a pochi.

Un giorno 163 "cittadini qualunque" sono entrati nelle istituzioni, hanno preso il posto dei politici di professione, di estrazione partitica, affermando che destra e sinistra sono categorie superate e che rossi e neri sono uguali, tutti ugualmente colpevoli, di fare parte di una casta ingorda e incapace.

Può darsi che queste affermazioni siano temerarie. Ma è innegabile che molti politici di tutti i partiti si siano impegnati parecchio per avvalorarle.

 Può anche darsi, che il modello organizzativo e il metodo della democrazia diretta, sia difficile da attuare, anche se reputo non impossibile.

Inoltre, può darsi, ancora che i 163 cittadini parlamentari,  inizialmente fossero dei dilettanti allo sbaraglio. Ma è anche vero che, a oggi, nessun partito da voce al cambiamento come il M5S e che pochi nel  Parlamento italiano mostrano una coerenza tale come i nostri eroi, perché più che dilettanti io li definirei  eroi.

Possiamo dire che tutto va male, che il metodo è sbagliato, che il programma va meglio condiviso, che Grillo e Casaleggio comandano le nostre menti, guidano i nostri pensieri, rendendoci soldati in mano al loro potere.

Ma io da cittadina, non mi sono mai sentita così libera, libera di credere, libera di contestare, libera di organizzarmi e di poter entrare all’interno di quelle istituzioni, ritenute le cattedrali per pochi benpensanti, categorie superiori, politici avviati.

Io credo ancora nel m5s, io voto m5s.

venerdì 4 aprile 2014

TE LA DO IO LA PROVINCIA


Adesso vi racconto una favoletta…….C’era una volta il ddl Province, sul quale il governo  decise di porre la questione di fiducia, all'esame del Senato. Nessuno però sapeva che questo ddl era un vero e proprio imbroglio. Una legge truffa costruita da  Sir Graziano Delrio durante il governo Letta e portata avanti anche dal nuovo presidente del Consiglio mago Matteo.
Questa nuova legge, bisogna spiegarlo con forza e determinazione all'opinione pubblica, non abolisce affatto le province, ma crea enti di secondo livello: in poche parole ''trasforma" le Province in ''enti di area vasta", li sottrae alla rappresentanza democratica, escludendo ogni tipo di elezione diretta, con l'obiettivo di rendere le nuove province e le nuove citta' metropolitane assemblee monocolore. Che non semplifica e non sburocratizza, ma aumenta il disordine sulla gestione dei servizi, creando nuovi problemi, come se non bastassero quelli gia' esistenti, a imprese e cittadini. Il tutto senza alcun risparmio rilevante per le casse dello Stato. Una vera e propria fregatura perpetrata con il solo scopo di conquistare potere politico a livello locale.
 Dunque i cittadini non eleggeranno più nessuno, ma le province resteranno. Così come non ci sarà nessun taglio dei politici ma un aumento. Perché, nello stesso provvedimento, si aumentano i consiglieri comunali e assessori dei comuni sotto i 15 mila abitanti. In sintesi, avremo tremila tra consiglieri e assessori provinciali in meno ma 30mila politici in più nei comuni.
Le critiche alle quali si presta il disegno di legge voluto ed elaborato da Sir Delrio, sono sacrosante, in quanto, questo caos istituzionale,  non riuscirà ad ottenere nessuno degli obiettivi posti e propagandati ma al contrario, sarà fonte, dovesse rimanere com’è scritta, di risultati totalmente opposti: incremento di livelli di governo, incertezza sulle competenze e funzioni, risparmi irrisori o totalmente bruciati dalla confusione posta.
 Senza parlare, poi, dei problemi di lesione al principio democratico.
 In ogni caso, non si capisce come sarebbe possibile che lo spostamento (così complesso e contraddittorio) delle funzioni e competenze delle province possa consentire risparmi di spesa: visto che le funzioni sono traslate dalle province alla marea di enti che dovrebbero subentrare e che il ddl impone di assegnare a tali enti le risorse umane, finanziarie, strumentali e patrimoniali necessarie allo scopo, risulta chiaro che non potrà esservi risparmio alcuno: la spesa, quella stessa spesa oggi movimentata dalle province, sarà movimentata da altri enti. In effetti, allora, l’unico effetto quantificabile di risparmio sulla spesa pubblica derivante dal disegno di legge si ottiene sui costi propri della politica: indennità e gettoni di presenza, che sarebbero eliminati, visto che tutte le cariche delle province e delle città metropolitane sarebbero gratuite.
Il risparmio, che in ogni caso non emerge dal testo normativo dunque, sarebbe di 104,7 milioni di euro. Lo 0,0130 della spesa pubblica.
Ma, occorre sottolineare, che si tratta di un risparmio teorico. Infatti, non verrebbero meno i rimborsi spese per le sedute dei vari organi assembleari previsti dalla norma, la cui possibile moltiplicazione, se si attivassero le unioni dei comuni, potrebbero comportare costi rilevantissimi.
Come sarà il percorso del disegno di legge?
a)  lasciare in vita 10 province, che prenderanno il nome di città metropolitane e rischieranno di essere il prolungamento delle politiche del capoluogo, a discapito degli altri comuni;
b) lascia in vita le altre 97 province, sia pur svuotate, ma con la possibilità che il loro svuotamento sia parziale e molto differenziato a seconda che le regioni legiferino o meno sul trasferimento delle competenze ai comuni e unioni di comuni o, ancora, a seconda che comuni, unioni e regioni deleghino o meno funzioni alle province;
c) consentire alle regioni di gestire direttamente alcune delle competenze provinciali.
Occorre, allora, correggere radicalmente il tiro, perché così com’è il disegno di legge è solo fonte di uno dei più disastrosi caos.
Questa favoletta, non raccontatela ai vostri figli, ci potrebbero restare male. Restiamo in movimento

giovedì 3 aprile 2014

CI SONO HOUSE E HOUSE


Nei nostri Comuni, la gestione delle reti e l'erogazione dei servizi pubblici locali è quasi sempre a carico delle cosiddette società "in house" che sono società a capitale interamente pubblico.
Non tutti, sanno però, che tra i principali evasori fiscali, vi sono proprio queste società a partecipazione pubblica.
L'agenzia delle entrate, ha proposito di tali tipi di società, ha precisato che esse svolgono in ogni caso attività rilevante agli effetti dell'IVA, quindi il compenso versato dal Comune per l'affidamento dell'attività di gestione dei servizi è soggetto a tassazione.
Peccato, che l'IVA su queste prestazioni non venga pagata, comportando evidenti violazioni fiscali, tanto più gravi in quanto perpetrate da enti pubblici e con inevitabili riflessi anche in ordine ad eventuali illeciti contabili.
Comunque nel caso in cui questi soggetti decidessero di pagare il dovuto, a pagare sarebbe sempre e solo, ancora, il cittadino, con un aumento delle imposte e con minori servizi.
Ma siccome l'IVA è un tributo comunitario, non si può semplicemente prendere atto della situazione  e dire che tali prestazioni non sono soggette ad IVA.
 D'altronde una domande sorge spontanea, perché se è stato confermato che tale tipo di attività è soggetta ad IVA , la società in house ( anche se a capitale pubblico ) deve godere di una sorta di esenzione di fatto, mentre,  il cittadino "qualunque", se mai decidesse di non pagare l'IVA , si ritroverebbe un bell'accertamento con tanto di sanzioni ed interessi?
 Perché diciamolo, ci sono house e house.