sabato 17 maggio 2014

LA CITTA METROPOLITANA, UNA COSA DA FARE?

Questa mattina, anziché tornare a casa per riposare, dopo dieci ore di onorato lavoro, ho deciso di farmi del male, e partecipare all'ennesimo incontro sul tema "la città metropolitana".
Chissà, mi son detta, questa volta, sarà la volta buona, potrò finalmente portare a casa delle risposte, potrò mettere chiarezza in un mare di confusione, ma purtroppo la confusione è rimasta e anche la consapevolezza che la nascita della città metropolitana sarà una supposta infilzata nelle nostre terga con malcelata e sadica soddisfazione  da parte di una classe dirigente ottusa e ormai evidentemente lontana dalla realtà e dalla concreta percezione che i cittadini hanno nei suoi confronti, da beatamente fottersene del buon senso e di una sia pur minima concezione del bene comune, una classe politica che ormai guarda al giorno per giorno, all'ora per ora, senza una visione prospettica d'insieme rivolta al futuro.
Tutto assomiglia al famoso gioco delle tre carte.
Chi non è amante dell’impareggiabile originalità napoletana non riesce, nonostante tutto, a non gettare un occhio, incantato davanti a quel teatrino di strada quasi perfetto che è il gioco delle tre carte.
Il gioco delle tre carte applicato alla politica, invece, non ha affatto la stessa magia e, quel che è peggio, non è una scelta volontaria.
La donna vince il fante perde, segui la donna! e tutti lì a fissare la carta magica: i costi della politica, i privilegi della casta.
Aboliamo le province.
Finché le carte non vengono scoperte e la regina non c’è più, e si scopre che le province non sono abolite ma semplicemente rivisitate, per dare più potere a quei sindaci che, con tendenza al politichese di carriera, lasciano ben volentieri i problemi di paese per votarsi alla gestione di poteri più importanti e luminosi verso la scalata a Montecitorio,
con il rischio  di rimanere a metà del guado o meglio a mezz'aria con province più leggere, acefale e svuotate di competenze ma di fatto immortali..
Ma l'Europa ce lo chiede!!!! Perché dobbiamo fare un balzo in avanti verso una dimensione, che possa fare rete, insomma .........oggi tutti d'accordo che la città metropolitana è una cosa da fare, perché è una cosa buona e giusta.
E quindi, nella migliore tradizione italiana, sta già diventando una cagata pazzesca come scriveva qualche mese fa un vecchio amico.

venerdì 9 maggio 2014

IL BENE COMUNE

 


Esiste un luogo, che sia città, paese o villaggio, dove il bene comune e il rispetto reciproco tra concittadini siano messi all'ordine del giorno?
Il vero problema è che chi attua le leggi non accontenta il volere di tutti, così ci sarà sempre qualcuno insoddisfatto di ciò che è stato deciso. Ma questo non toglie che nascano nuove idee per migliorare nel quotidiano, cominciando dalle "piccole cose", come si suol dire, si può perfezionare l'estensione del benessere comune.


Cosa distingue il bene comune dall'interesse generale? Il bene comune trova i propri criteri di bene, l'interesse generale se li dà, il bene comune è un concetto morale.
 La morale indica un dover essere, ci dice come vivere, cosa fare, come agire, come scegliere......ma su che basi? Sulla base di quello che siamo, da cui scaturisce anche il nostro fine, ossia quello che dobbiamo essere. Ma quello che siamo e quello che dobbiamo essere non lo decidiamo noi, ci è dato, ci precede. Il bene comune ha bisogno di criteri di bene che lo precedono. L'interesse generale, invece, chiede ai singoli cittadini cosa intendono per bene comune e poi fa la somma, oppure trova un comune denominatore, togliendo qualcosa a chi ha di più per darlo a chi ha di meno.
Il bene comune non è quindi una somma di beni, ma il tutto ordinato, la vita buona della comunità.
 


Bisogna anche tenere presente che il bene comune non implica una uguaglianza di fatto tra i cittadini. Gli uomini sono uguali in dignità, ma l'egualitarismo che pretende di uniformarli di fatto è una ideologia assolutamente da respingere. Il bene comune non consiste nel distribuire la torta in parti uguali e dare ad ognuno la sua fettina. Quando si fa così si potenzia il potere centrale ed uniformante, si crede di avere un bene comune, ma è solo una camicia di forza. Il bene comune è una sintonia. Non c'è un bene comune uguale per tutti, ogni famiglia ha il proprio, ogni comunità locale ha il proprio. Il bene comune non si impone dall'alto, dagli uffici comunali o dai ministeri, si crea dal basso secondo il principio di sussidiarietà. Un assessore ai servizi sociali che monopolizza l'azione spontanea della società civile verso il disagio sociale non fa il bene del comune.
Perciò in un comune  sarebbe necessario che ognuno avesse il suo contento: a partire dai bambini con centri di gioco, per proseguire con gli anziani cui assicurare luoghi d'incontro e occasioni di discussione, un ricambio naturale e generazionale nel mondo del lavoro e delle professioni.
Perciò un paese perfetto o quasi può esistere e si può costruire, solo se si mettono in pratica queste cose, che però sono fondamentali per mutare la situazione della maggior parte dei nostri centri abitati e del vivere collettivo.

lunedì 5 maggio 2014

IKEA FACCIAMO CON COMODO............


Qualcuno sostiene che le dimissioni dell’assessore Ferrè non risolvono il problema, secondo me, l’immobilismo dell’attuale giunta è un atto gravissimo nei confronti di un problema, IKEA, che per la città di Legnano sarà devastante in termini di traffico, occupazione e inquinamento.
La stampa ha sottolineato le varie fasi di un confronto iniziato tra i banchi di Palazzo Malinverni e proseguito in gran parte nelle cronache giornalistiche successive.
Comincio proprio dai giornali, che riportano di una riunione di preconsiglio comunale convocata dopo tempi immemori dal PD per trovare una linea comune, e dalle "voci"(e quindi non dimostrabili, per quanto probabilmente fondate) che davano l'intera maggioranza in fibrillazione sin dalla presentazione dell'odg su Ikea.
Date queste premesse, arrivati in aula la tensione era palpabile.
Però non è  avvenuto il confronto che io avrei auspicato su Ikea. Nel prosieguo del Consiglio è avvenuta poi la bagarre innescata dalla decisione della maggioranza di non anticipare la discussione su Ikea, a mio modo di vedere una scelta discutibile ma ineccepibile che di fatto ha reso monco il dibattito.
Infatti oltre alle assenze nella maggioranza cui sono mancati ben quattro consiglieri, una parte della minoranza ha scelto di abbandonare l'aula.Il numero legale è stato mantenuto da due consiglieri di minoranza uno dei quali intervenuto e poi assentatosi a sua volta.
Ne è scaturito un monologo della maggioranza ammantato di responsabilità e buoni sentimenti da parte degli intervenuti al dibattito, che si è concluso con un voto contrario all'ordine del giorno. Il che si traduce nel fatto che la posizione dell'amministrazione sul consumo del suolo nel caso ciò avvenga cento metri oltre il nostro confine cittadino, non si conoscerà fino a quando non sarà pronta a farlo sapere.
Ma la mia domanda è quando avrà intenzione di farlo sapere?
Gli amministratori, ed in particolare in questo caso l’Assessore Ferrè, hanno mantenuto una posizione attendista nella speranza di poter essere ammessi ad un tavolo al quale si capiva bene fin dall’inizio che nessuno aveva intenzione di fare partecipare un soggetto terzo che, considerando il fatto che da questo progetto subirà solo le peggiori conseguenze, non avrebbe avuto alternative se non quella di schierarsi contrario.
Cosa facciamo continuiamo ad attendere, con comodo, oppure cerchiamo di opporci con ferma decisione?
L’attuale amministrazione ha sbagliato, l’assessore Ferrè ha sottovalutato il problema, chiederne le dimissioni forse è il minimo.